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  • Istituto DIRPOLIS

Il ritardo nella lotta ai cambiamenti climatici: giovedì 17 giugno, durante il convegno online della RUS, tre studiosi dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Sant’Anna analizzano comportamenti e attitudini psico-sociali

Data pubblicazione: 06.06.2021
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Indifferenti o inerti, ritardatari e incapaci di goderci la natura: queste le attitudini collettive che caratterizzano il rapporto degli individui con l’ambiente e che sono alla base del ritardo nella lotta ai cambiamenti climatici. Attitudini e comportamenti da mettere in luce, assieme ad alcune proposte per un cambio di passo, da parte di Alberto Pirni, docente di filosofia morale; Fausto Corvino, assegnista di ricerca in filosofia morale, Alex Putzer, dottorando in Human Rights and Global Politics, tutti dell’area di ricerca in Etica Pubblica dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna e membri della RUS, la Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile che, per giovedì 17 giugno dalle ore 9.30 alle ore 18.00, ha organizzato il convegno “Perché così tardi? Perché così lenti? Aspetti psico-sociali nel ritardo alla lotta ai cambiamenti climatici. Dai comportamenti quotidiani alle azioni collettive”.

La RUS, la Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile, è stata promossa nel 2015 dalla CRUI, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, ed è la prima esperienza di coordinamento e condivisione tra tutti gli Atenei italiani impegnati sui temi della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale. I lavori dei tre relatori della Scuola Superiore Sant’Anna sono stati selezionati tramite una “call for papers” di carattere interdisciplinare.

Indifferenza diacronica e motivazione etica: ripensare il dovere di giustizia verso le generazioni future” è il titolo della relazione con cui Alberto Pirni sollecita una “proposta di uscita dall’esercizio di indifferenza nei confronti delle generazioni future e dei conseguenti comportamenti da adottare nel presente per prospettare una più equa ripartizione di possibilità tra generazioni presenti e generazioni future, con riferimento ai profili della sostenibilità e del cambiamento climatico”. “L’obiettivo – spiega Alberto Pirni – è inquadrare l’’emozione’ dell’indifferenza a partire dalla sua declinazione diacronica, che sembra beneficiare di una forma di giustificazione dal punto di vista morale”.

La paralisi del piacere: la perdita della capacità di godersi la Natura” è il tema affrontato da Alex Putzer: “Il godimento della natura contribuisce al benessere umano. Tuttavia, tale esperienza, si sta dissolvendo in maniera progressiva a causa di una relazione inadeguata tra esseri umani e natura: cambiamento climatico e l’estinzione di specie lo dimostrano”. “Un concetto simile alla paralisi del piacere – aggiunge lo studioso - è quello dell’eco-ansia, che si sostanzia in una paura cronica della rovina ambientale. Tali fenomeni possono causare stragi: sia il terrorista di Christchurch, sia quello di El Paso hanno giustificato i loro atti di violenza con motivazioni riconducibili alla nozione di eco-ansia. Sebbene le passate generazioni fossero capaci di godere della natura in un modo ormai al di fuori della portata delle generazioni presenti, ad oggi abbiamo la possibilità di sostituire il tipo di piacere e di aumentarne l’intensità con fonti non-naturali. Di conseguenza, l’assenza di una natura “godibile” diventa una questione di giustizia intergenerazionale. Da qui emerge chiaramente la problematica di come poter riaccendere il piacere nella relazione umano-natura”.

“Quando si discute dell’inerzia generalizzata nella mitigazione del cambiamento climatico si suole impostare l’analisi o in termini di ostacoli epistemici e di ostacoli morali. La mia teoria – commenta Fausto Corvino, autore dello studio “Cambiamento climatico e procrastinazione: perché molte persone continuamente rimandano le scelte che ritengono giuste rispetto alla crisi climatica, e cosa si può fare rispetto a ciò” - è che entrambi questi tipi di ostacoli giocano ormai un ruolo secondario: molte persone comprendono in modo chiaro le dinamiche fisiche e sociali che si accompagnano al cambiamento climatico. La ragione principale per la quale in pochi riescono a ridurre la propria impronta ecologica è un cortocircuito etico che non consente alla maggior parte di essi di rivelare le proprie “vere” preferenze, relative al clima, nelle scelte quotidiane”.

 

Presto disponibile il link per seguire la conferenza.